Lingua Madre 2010
Prima classificata: Kamela Guza (Albania)
L'incipit di Il luogo dei confini
La strada era asciutta. L’aria bagnata. Il cielo ancora scuro in attesa dell’ingresso del sole. Il treno per Treviso partiva alle 6.30. Era una di quelle giornate che si sa come inizieranno già la sera prima, con tutti i dettagli chiari nell’immaginazione, ma che non si sa come possono evolversi nel tempo. Tutto era formato nella mente: alzarsi alle 05.45, evitando di dedicare anche il minimo pensiero al proposito; buttare un libro nella borsa, uno a caso; prendere l’autobus numero 31 o 32 per andare alla stazione; aspettare il treno delle 06.30; scendere a Treviso Centrale; imboccare la strada per la questura lasciandosi alle spalle le mura della città di mattoni rossi e la domanda "chissà dove vanno a finire?"; arrivare a destinazione dopo aver vissuto il silenzio rumoroso della prima mattina in città.
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Seconda classificata: Leila Mirkamali (Iran)
L'incipit di Rosso e Grigio
Il teatro era proprio al centro della città. Davanti al palazzo principale del governo. Tutti i potenti erano già lì. La città era bloccata dalle macchine dei politici: era un giorno nel quale si decidevano tante cose per noi, noi popolo…
Il mio amico mi aveva raccomandato di essere lì prima dell’inizio dello spettacolo, dovevo incontrare il direttore della sala e soprattutto dovevo essere vivace, bella, anzi bellissima.
Stavo cercando lavoro. Forse questa poteva essere la volta buona per me, un’occasione per riuscire magari a trovare un lavoro.
Era pomeriggio. Si stava esibendo un gruppo comico che dicevano aver avuto molto successo. Era da tanto tempo che nella nostra città non si stava in allegria.
Avevo messo una gonna corta, dei tacchi alti e del trucco, tanto trucco. Una maglietta sottile che risaltava le curve dei miei seni. Prima di uscire di casa, mi guardai allo specchio. Ero bella. Una soddisfazione tutta femminile.
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Terza classificata: Monica Vodarich (Croazia)
L'incipit di Florence e il suo mondo parallelo
Sono Florence e ho ventidue anni, sono viva ma non esisto, ho un padre e una madre ma sono sola al mondo, ho cinque fratelli ma nessuno da abbracciare, sono una ragazza innamorata ma da un anno nessuno sfiora il mio corpo, ho un sacco di cose da dire, di sogni da inseguire, di desideri da esaudire.
Sono la protagonista di un mondo parallelo, vivo nel limbo, galleggio in un mare salato, con le mani e i piedi divaricati, crocifissa, inchiodata a un’esistenza triste e silenziosa.
Mi nascondo.
Sono invisibile.
Sono clandestina.
Detta così non sembra terribile, la clandestinità in fondo è una condizione comune a milioni di individui in ogni parte del mondo, è solo un modo di dire, e se rimanesse tale non farebbe tanto male. Ma, purtroppo, diventa anche un modo di essere, ti penetra nelle ossa, ti cambia i lineamenti, ti corrode la pancia al punto da rendere possibile che qualcuno ti guardi attraverso e tu diventi invisibile.
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Premio Speciale Donne italiane raccontano Donne Straniere: Marina Crespo (Italia)
L'incipit di Piatto unico
Yewande era entrata alla prima fermata, Anna alla seconda, Tagliabue alla terza. Yewande voleva stare sola, Anna voleva stare in compagnia, Tagliabue voleva fare presto. Yewande sedeva al finestrino, Anna all’angolo vicino alla porta, Tagliabue di fronte ad Anna. Yewande tornava dal lavoro, Anna andava dal padre e dal fratello, Tagliabue si chiedeva ancora una volta se il viaggio per quel funerale non fosse un ennesimo sbaglio.
Dentro, lo scompartimento esalava odore di plastica vecchia e di pavimento mal lavato. Fuori, contro muri color carne morta, glicini e rose sprigionavano profumi viola e gialli.
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Premio Speciale Rotary Club Torino: Alia Alloh (Palestina)
L'incipit di Viaggio per la Palestina
Leggendo la storia di questa terra e andandoci per la seconda volta da quando sono arrivata in Italia ho capito che la Palestina ha un suo fascino e un profondo significato. La Palestina è il cuore del mondo. Nei vicoli di ogni paese sono passati grandi profeti e in ogni più piccolo luogo c’è la memoria dei nostri antenati. Questa terra è unica.
Tutti i paesi del mondo hanno laghi, fiumi e montagne che ne stabiliscono i confini. Ma fra Nazareth e Gerusalemme non esistono divisioni. Si può passare da una città all’altra percorrendo terre che fanno parte di un insieme, di un unico paesaggio: qui la natura non ha creato frontiere.
Le frontiere e i confini in questa terra non sono mai esistiti se non da quando li ha creati l’uomo.
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Premio Speciale Slow Food Terra Madre: Veronica Orfalian (Armenia)
L'incipit di Ricordi alla menta
Iskuhì era seduta sul tappeto con le mani sulla pancia del cane di casa e Aram sedeva sul divano in silenzio. Il viso di Manik si rigò di lacrime, le mancava suo marito, le mancava il sole, i rumori della gente del mercato, gli odori di cumino e spezie che provenivano dalla strada. Il telefono finalmente squillò, si precipitò a rispondere. Era suo marito che dopo lunghe ore di attesa finalmente era riuscito a prendere la linea. Attraverso il telefono, la voce dell’uomo riscaldò il cuore della malinconica Manik, riportando tanta felicità sul volto di Aram.
Mi spiegò che quell’espressione di momentanea gioia sul volto del figlio l’aveva emozionata e ogni tanto le ritornava in mente: non sono forse i bei ricordi capaci di donare consolazione in momenti difficili?
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Premio Speciale Torino Film Festival: Leoreta Ndoci (Albania)
L'incipit di Burnesha
Scorrono come le pagine di un libro i miei ricordi. Dodici anni fa ho scelto di essere una ‘burrneshe’. Ho scelto di vivere da uomo nel corpo di una donna. Ho scelto di essere donna-uomo. Oggi avevo voglia d’amore e nessuno che me ne desse. Oggi ho baciato un uomo. Oggi ho spezzato un giuramento d’onore ma ho scoperto il sentimento più nobile che esista. Questa passione, sentimento estraneo per me spegnerà il cuore di qualcuno."
Sono nata settimina. Un parto facile e inaspettato, avevo fretta di venire al mondo. Poche ore prima della mia nascita la mamma è andata a prendere l’acqua alla fonte, circa mezz’ora da casa. In quei momenti mi sentivo amata e felice. Durante il tragitto mi faceva una carezza e io la salutavo con un calcio. Era il nostro saluto quotidiano.
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