Lingua Madre 2008
Prima classificata: Claudiléia Lemes Dias
"Lo straniero è la somma di molti "NO": non parla la nostra lingua, non ha le nostre origini, non educa i figli come noi... Solo quando togliamo questi "NO", allora lo straniero diventa uno di noi"
L'incipit di FPS 25
C’era una volta una spiaggia di sabbia rosa, così surreale come la storia che mi appresto a raccontarvi. Non vi nego che la mia deontologica morale mi impedisce di rivelarvi la latitudine e longitudine dove questo buffo episodio si svolse, non solo per proteggere l’identità dei personaggi coinvolti, ma anche per celare quel pezzo di paradiso dove, in una mattina di settembre, un intrepido barcone attraccò, con un totale di venti marinai ritinti. Le loro iridi erano di un nero così profondo che avrebbero amareggiato chiunque si fosse avventurato a sostenere la malinconia di quegli sguardi. Un colpo d’occhio sarebbe stato sufficiente a far cadere anche voi nell’abisso della consapevolezza, da dove neanche la speranza, cosciente improvvisamente di tanta intrisa ingiustizia, avrebbe mai potuto salvarsi.La prima a scendere dal barcone fu un’anziana signora. Portava il peso dei suoi cinque gradi di miopia assieme ad una croce Copta pendente dal lungo collo, simile a quello delle muse un po’ scurite di Modigliani.
ascolta FPS 25
Seconda classificata: Fatima Ahmed
"Poter parlare l'italiano, questa lingua meravigliosa e poetica è una grande conquista per me, un dono"
L'incipit di Gocce di Ricordi
Ho sempre amato il rumore della pioggia: che sia sul tetto della casa, sull’asfalto, sui bidoni di latta allineati nel cortile, oppure semplicemente sulla punta dei piedi nei giardini pubblici.
E’ domenica mattina, e piove. Sono svegliata dal rumore assordante delle gocce sul tetto; trovo un grande piacere nel poter tirare su le coperte morbide fino al collo e guardare scorrere le gocce a rivoli sui vetri della finestra.
Avvolta nelle lenzuola mi sento protetta, nel minuscolo abbaino in cima ad un palazzo di dieci piani. Io che ho passato l’infanzia su una casa a palafitta, dove le gocce di pioggia e l’acqua del fiume si confondevano, durante la stagione delle piogge, e dove bastava sporgersi dalla finestra per poter vedere l’acqua tumultuosa, color fango, del fiume che si scatenava sotto il nostro pavimento. Al decimo piano tutto appare lontano, inafferrabile, è una dimensione nuova che mi inquieta non poco.
ascolta Gocce di ricordi
Terza classificata: Herrety Kessiwaah
"Raccontare le mia storia è stato un modo di sentirmi vicina a casa, alla mia "terra madre", e di dire a tutti che la vita, se tiriamo avanti, non muore mai"
L'incipit di Nanà
Voglio, mi piace, sogno un mondo fatto di allegria. Amo essere allegra, sono Nanà, Herrety, Kessiwaah e molto altro. Sono il Ghana, sono di Kumasi, sono i miei quarant’anni sono i miei cinque figli. Adoro la musica, la vita, il canto.
Bambini per me, alberi e foreste, libertà di essere.
Sono i colori della mia bandiera, sono una Ashanti.
Il mio stool è bellissimo, è fatto con legno di un albero, mi ci sono seduta diverse volte, crescendo. E’ un sedile bianco e sacro. Il Ghana… Il Ghana è per me la mamma, la terra che accoglie, che nutre. E’ una terra ricca e fertile. E’ una terra magica. Si respira la natura, e le cose belle che Dio ha creato. Alberi, uomini, animali tutti insieme, caffè, mango, ferro. I bianchi nelle nostre terre si sono arricchiti. Amo viaggiare, i ghanesi amano viaggiare. C’è un re per ogni villaggio. Quando muore un re lo si ricopre d’oro e resta seduto sul suo stool. Amo questa cultura del rispetto.
Premio Donne Italiane: Francesca Mautino
"Il racconto prende spunto da un mio vissuto, l'incontro con una donna che piange. Non ci sono dialoghi: le due protagoniste si vedono, si guardano, riflettono, e si capiscono"
L'incipit di Scintille Colorate
Le città sono fatte di abitudini calpestate da passi veloci e sguardi che si negano. Ogni corpo è impegnato in un’elaborata danza di sottrazione da altri corpi e gli occhi scrutano sempre il basso, come qualcuno che abbia perso qualcosa di importante e trascorra l’intera vita nel tentativo di ritrovarla. Ogni tanto, ma solo in rare occasioni, alzo lo sguardo e osservo le persone, un particolare, un gesto, o il titolo del libro che stanno leggendo sull’autobus, per sapere in quale storia sono così immerse, da dimenticare che sono circondate da storie che camminano. E mi piace guardare il sorriso delle ragazze quando, le cuffie nelle orecchie, ascoltano proprio quella canzone, quella che fa pensare loro all’amore e alla possibilità che esista davvero, o i loro occhi, quando si coprono di una luce violacea, e allora capisco che loro lo sanno già, sanno che il tempo dell’amore è passato e non c’è possibilità che ritorni, perché hanno deciso di non volerne più.
Una sera, nella metropolitana, vidi una donna piangere.